I PRIGIONI DI MICHELANGELO AL LOUVRE

Nel bellissimo museo del Louvre di Parigi, si trovano due dei famosi Prigioni di Michelangelo Buonarroti, l’artista fiorentino che tra il 1505 e il 1530 ne scolpì sei per ordine di papa Giulio II.

Per la precisione, i Prigioni del Louvre si trovano al pian terreno del museo e uno di questi è il famoso “Schiavo morente” segnato anche nella cartina della pagina dedicata (vai alla pagina OPERE PRINCIPALI DEL LOOUVRE). L’altro è invece lo “Schiavo ribelle”, ed entrambi si trovano in Francia perché il loro ultimo proprietario, Roberto Strozzi, li portò con sé a Lione quando venne esiliato da Firenze intorno al 1542.

“Schiavo morente” di Michelangelo.

I Prigioni sono un gruppo di sei statue marmoree che dovevano servire a decorare la sontuosa tomba del papa, assieme ad altre quaranta statue di marmo che andavano così a costituire il più splendido dei mausolei mai esistiti. Oggi, tuttavia, questi capolavori si trovano collocati in due luoghi diversi: due sono al Louvre, appunto, e i restanti quattro alla Galleria dell’Accademia a Firenze, assieme al David. Pare infatti che il papa, dopo l’entusiasmo iniziale del progetto, ebbe un ripensamento, convincendosi del fatto che farsi costruire la tomba quando era ancora in vita sarebbe stato di malaugurio.

A Firenze si trovano anche sei copie delle statue, che decorano la Grotta del Buontalenti del giardino di Boboli, voluta da Francesco I de’ Medici.

“Schiavo ribelle” di Michelangelo.

I Prigioni si chiamano così perché raffigurano sei schiavi (sei “prigionieri” dunque), e quelli che si trovano al Louvre sono i due esemplari finiti. I quattro della Galleria dell’Accademia sono chiamati “i non-finiti” perché le statue si trovano ancora come “sepolte” all’interno del loro blocco di marmo, meno levigate rispetto alle statue del Louvre. In realtà, però, è come se Michelangelo avesse voluto raffigurare non tanto sei prigionieri politici, ma sei uomini prigionieri del loro stesso blocco di marmo, scolpiti nell’atto di fuoriuscire dalla pietra. I “non-finiti”, dunque, danno questo senso di incompletezza perché voluto dall’artista, e non perché questi non avesse veramente avuto il tempo di ultimare le sue opere.

“Schiavo che si ridesta” di Michelangelo.

Per questa ragione, ne vennero scolpite sei copie che furono collocate nella grotta del Buontalenti, per dare un senso come di figure che escono dalla roccia. Tutto ciò esprimeva la filosofia sempre esposta da Michelangelo: quella secondo cui il marmo grezzo contiene già dentro di sé la figura, ma spetta allo scultore riuscire a “liberarla”, farla emergere con il suo scalpello.

“Schiavo giovane” di Michelangelo.

Si pensa che il soggetto venne scelto da Giulio II per rappresentare le province a lui soggiogate, ma potrebbe essere anche l’espressione di alcuni tormenti interiori propri o dell’artista.

“Schiavo barbuto” di Michelangelo.

I quattro “non-finiti” di Firenze sono: lo schiavo giovane, lo schiavo che si ridesta, lo schiavo barbuto e l’Atlante. A Firenze si troverebbe anche un quinto Prigione nei resti della casa di Michelangelo, anche se rimane dubbia la sua autenticità.

Schiavo chiamato “Atlante” di Michelangelo.

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