CHARLES PERRAULT

Charles Perrault (1628 – 1703) è stato un importantissimo favolista e scrittore francese del XVII secolo.

Illustre membro dell’ Académie française (Accademia Francese) a partire dal 1671, nacque e visse a Parigi sotto il re Luigi XIV detto “Il Re Sole“.

Ritratto di Charles Perrault.

In quanto membro dell’Accademia (vai alla pagina sull’ ACCADEMIA FRANCESE per sapere di cosa si tratta), partecipò attivamente alla Querelle des anciens et des modernes” (Polemica degli Antichi e dei Moderni) che nacque alla fine del Seicento tra i letterati che ne facevano parte. Gli Antichi, capeggiati da Nicolas Boileau, erano difensori di uno stile basato sulla letteratura greca e romana, mentre i Moderni, capeggiati da Perrault, sostenevano la necessità che la letteratura si rinnovasse in base alla propria epoca, come era nello stile dei nuovi letterati a loro contemporanei. In difesa di questo punto di vista, Perrault pubblicò nel 1687 l’opera “Il secolo di Luigi il Grande” (Le siècle de Louis le Grand), e tra il 1688 e il 1697 l’opera “Parallelo degli Antichi e dei Moderni” (Parallèle des Anciens et des Modernes). 

E’ però divenuto famoso soprattutto per aver scritto, nel 1697, una raccolta di 11 fiabe dal titolo “Histoires ou contes du temps passé, avec des moralités” (Storie o racconti del passato, con delle morali), meglio conosciuta come “I racconti di mamma oca” (Contes de ma mère l’Oye). Si tratta di una raccolta di fiabe a scopo educativo che Perrault riprese dalla tradizione favolistica orale francese, ma anche dai racconti di Giambattista Basile pubblicati nella raccolta “Lo cunto de li cunti, overo lo trattenemiento de peccerille” (meglio conosciuta come “Pentamerone”) scritta tra il 1634 e il 1636.

La raccolta di Perrault venne pubblicata per la prima volta col nome di suo figlio minore, Pierre, che all’epoca aveva 19 anni e si trovava in carcere. Questo stratagemma venne ideato da Perrault per cercare di riabilitare, in qualche modo, la figura del suo adorato figlio.

” La bella addormentata” nell’illustrazione iconica di Gustave Doré.

Provenendo dalla tradizione popolare, molte delle fiabe contenute nell’opera di Perrault sono presenti anche nella raccolta “Fiabe del focolare” dei Fratelli Grimm pubblicata nel 1812: anche Jacob e Wilhelm Grimm, infatti, attinsero dalla tradizione favolistica orale del proprio Paese, la Germania, per scrivere una raccolta di fiabe che oggi è altrettanto conosciuta e amata come quella di Perrault (vai alla pagina a loro dedicata per saperne di più). Molti dei racconti, infatti, sono stati tramandati di popolo in popolo per generazioni.

Le favole presenti ne “I racconti di mamma oca” che si ritrovano anche nell’opera dei Grimm sono: Pollicino (le Petit Poucet), la Bella Addormentata (la Belle au Bois Dormant), Cappuccetto Rosso (le Petit Chaperon Rouge), Il gatto con gli stivali (Le chat botté), Barbablù (Barbe Bleue o La Barbe Bleue) e infine Cenerentola (Cendrillon).

Barbablù, in particolare, si dice ispirata alla macabra storia del barone Gilles de Rais, vissuto nel XV secolo (vai alla pagina a lui dedicata per saperne di più). Questa fiaba è divenuta talmente famosa che “barbablù” è oggi in italiano un modo comune per chiamare tutti i serial-killer, in particolare quelli dediti al femminicidio come il protagonista della storia.

Le altre fiabe presenti nella raccolta sono “Enrichetto (o Riccardin) dal Ciuffo” (Riquet à la houppe) “Le Fate” (Les fées).  Tre furono aggiunte postume, e sono “Griselda” o “La Pazienza di Griselda” (Grisélidis o La Marquise de Salusses), “I desideri inutili” (les Souhaits Ridicules) e la celeberrima “Pelle d’Asino” (Peau d’âne).

La Bella e la Bestia (La belle et la bête), che solitamente viene attribuita a Perrault, fu scritta invece da Jeanne-Marie LePrince de Beaumont molti anni più tardi, nel 1756.

Alcuni racconti di Perrault, nonché La Bella e la Bestia di Beaumont, furono riscritti tradotti e riadattati da Carlo Collodi nella raccolta “I racconti delle fate” del 1875.

Le stesse fiabe vennero poi illustrate attraverso i disegni oggi iconici di Gustave Doré nel XIX secolo.

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