GLI ARABI

(Scritto da Elisa Quaglia)

I Franchi ebbero occasione di scontrarsi più volte con la civiltà araba, poiché questa si era fortemente espansa in molte aree del continente europeo dopo la morte di Maometto, il fondatore e più importante profeta della religione islamica. Proprio per motivi di religione, i Franchi, portavoce della fede e della cultura cristiana, si erano schierati contro gli Arabi e la loro dominazione in Europa, e avevano dato loro battaglia.

  • PREMESSE: Maometto

Prima dell’inizio della predicazione di Maometto, l’Arabia era dominata in parte dall’Impero Bizantino (così si chiamava l’Impero Romano d’Oriente) e in parte dall’Impero persiano. La popolazione indigena era costituita da tribù di pastori nomadi (beduini) e da ricche tribù di mercanti le cui carovane, spesso, erano vittime dei predoni del deserto. La religione più praticata era politeista, sebbene fossero presenti anche minoranze cristiane, ebraiche e altri culti monoteisti (zoroastrismo, ecc.).

In quegli stessi anni (VI secolo d.C.), l’Impero Bizantino e l’Impero persiano erano stati duramente impegnati a farsi battaglia l’un l’altro. Già prima della morte dell’imperatore di Bisanzio, Giustiniano I, avvenuta nel 565 d.C., erano sorte una serie di asprissime guerre fra i due imperi che, oltre a comportare gravissime perdite per entrambi i popoli, avevano richiesto ingentissime tassazioni.

Maometto apparteneva a una ricca famiglia di mercanti di La Mecca, allora capitale dell’Arabia Saudita, e fin da ragazzo aveva avuto modo di entrare in contatto sia con la cultura cristiana che con quella ebraica, entrambi culti monoteisti. Nel 610 d.C. all’età di 40 anni circa, iniziò la predicazione di una nuova religione, anch’essa monoteista, che si schierava fortemente contro i culti politeisti praticati all’interno della sua stessa gente e difesi in particolar modo dai ricchi e potenti capi tribù. La sua predicazione dette vita a un culto ancora oggi praticato con fervore nei territori arabi e del Medio Oriente: l’islamismo.

Secondo la tradizione islamica, la missione di conversione di Maometto ebbe inizio proprio per volere divino, dopo l’apparizione dell’arcangelo Gabriele al cospetto del profeta, all’epoca in cui questi era ancora ragazzo.

Antica miniatura raffigurante l’apparizione dell’arcangelo Gabriele a Maometto. Maometto è rappresentato col volto coperto in quanto non ancora conoscitore della parola di Allah, ma al centro di una fiamma in segno di predestinazione a divenire un profeta.

La religione iniziata con Maometto si chiama “Islam”, che in arabo significa “sottomissione“, poiché alla base del culto vi è la sottomissione incondizionata ad Allah, termine arabo che indica il dio degli ebrei e dei cristiani. Coloro che abbracciano questa fede prendono dunque il nome di “musulmani“, cioè “sottomessi ” (in arabo “muslim“).

Grazie a Maometto, nacque dunque la religione ancora oggi più praticata in Medio Oriente: l’Islamismo, che riconosce come suoi profeti tutti i profeti dell’Antico Testamento e lo stesso Gesù Cristo, ponendo Maometto come l’ultimo e il più importante di questi.

All’inizio, i precetti dell’Islam non erano scritti ma solo tramandati per via orale, e andavano a comporre quello che prese il nome di Corano, che in arabo, significa “recitazione“. Il Corano fu poi messo per iscritto da Othman, un successore di Maometto, solo alcuni anni dopo la morte del profeta, andando a costituire il libro sacro dell’Islam.

Oltre al culto e alla sottomissione verso un unico dio, la religione islamica prescrive anche diversi comandamenti dettati da Maometto:

  • La preghiera cinque volte al giorno in posizione rivolta verso La Mecca, la città santa dell’Islam, che si trova nell’area sud-orientale della penisola araba. Questa città, oltre a essere importante per aver dato i natali al profeta, ospita al suo interno la Pietra Nera, un meteorite che veniva venerato già dalle tribù pre-islamiche. Secondo la tradizione, il meteorite fu condotto sulla terra dagli angeli in segno di benevolenza e predilezione della popolazione araba da parte degli dèi, ed era originariamente di colore bianco, ma divenne nera in seguito, per colpa dei peccati commessi dagli esseri umani. La Pietra Nera è custodita all’interno di una costruzione chiamata Kaaba, poiché la sua sacralità ne vieta la visione diretta ai pellegrini che si recano a La Mecca per adorarla. La presenza della pietra nera rende appunto La Mecca una città sacra.
Miniatura dal Rashid-al-Din Hamadani’s Jami al-Tawarikh, anno 1315: “Maometto depone la pietra nera”.
  • Il pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita per adorare la Pietra Nera.
  • La lettura del Corano.
  • La censura degli idoli e il divieto di rappresentare Allah.
  • L’osservazione di un digiuno dall’alba al tramonto nel mese del Ramadan, che, secondo il calendario islamico, cade in date mobili a seconda degli anni.
  • L’astinenza dall’alcool.
  • L’astinenza dalla carne di maiale.
  • Fare le elemosina ai poveri ogni volta che è possibile (almeno una volta all’anno).

Fin dall’inizio, Maometto riuscì a convertire moltissime tribù. Tuttavia, venne fortemente osteggiato dai capi delle tribù più ricche, di religione politeista.

Dopo una serie di persecuzioni contro lui e i suoi fedeli, nel 622 d.C. Maometto decise di lasciare La Mecca e di trasferirsi a Yathrib, una piccola città posta più a Nord, dove poi morì dieci anni più tardi. In suo onore, Yathrib venne ribattezzata “Medina”, cioè “Città del profeta“. Questa città, all’inizio piccola, si espanse tanto da divenire la nuova capitale dell’Arabia.

Miniatura dell’XVI secolo raffigurante Maometto e gli altri profeti. Immagine tratta dall’Athār al-baqiya di al-Bīrūnī (manoscritto della Bibliothèque nationale de France, Arabe 1489 fol. 5v).

Il trasferimento di Maometto da La Mecca a Medina viene indicato col nome di “Egira“, che in arabo significa “migrazione“. Questa data importantissima (622) segna l‘anno 0 del calendario islamico e l’inizio ufficiale della religione islamica.

Maometto si trasferì a Medina assieme a un cospicuo numero di seguaci, che vi edificarono luoghi di culto (moschee) con accanto delle alte torri chiamate minareti, dalle quali un oratore (muezzin) esortava i fedeli alla preghiera cinque volte al giorno. La città, all’inizio semisperduta, divenne sempre più grande e importante. Maometto ne fu il giudice (hakam) fino alla sua morte, che avvenne nel 632. Dopodiché, sorsero diverse dispute all’interno dei suoi discepoli per decidere del suo successore come capo politico e soprattutto religioso, non avendo questi nominatone uno personalmente.

  • PREMESSE: Il califfato elettivo

Dopo la morte di Maometto, venne inizialmente proposto come suo successore Alì, un cugino – nonché genero – del profeta; ma alla fine si preferì istituire il califfato elettivo, ossia l’elezione a furor di popolo di un califfo (che in arabo significa “sostituto“) che si poneva come capo politico e religioso della comunità islamica e di quella che poi prese il nome di “umma” (“nazione”) islamica dopo la grande espansione araba in Europa, in Africa e in Asia.

Miniatura tratta dal manoscritto ottomano del Siyar-i Nebi (1595), Topkapı Sarayı Müzesi di Istanbul (Hazine 1222, folio 414a): “Morte di Maometto”.

Il primo califfo fu Abu Bakr, fedele discepolo di Maometto, che rimase in carica dal 632 al 634 continuando l’opera del profeta nell’abbattere qualunque forma di opposizione all’Islam e di culto politeista in terra araba. Dopo di lui, fu eletto Omar, che iniziò per primo una jihad (termine oggi tradotto come “guerra santa” ma che letteralmente significa “fatica, sforzo“) per continuare l’opera di conversione di Maometto. Durante il suo califfato, vennero conquistati diversi territori arabi che inizialmente erano sotto il dominio persiano e bizantino (Alessandria d’Egitto, Siria, Palestina e Mesopotamia): questi due imperi, allo stremo delle forze dopo 100 anni di guerre, non furono in grado di contrattaccare di fronte al grande entusiasmo dei neofiti musulmani, e si lasciarono sfuggire facilmente quelle terre.

Infatti, nello stesso anno in cui aveva avuto inizio la predicazione di Maometto (610 d.C.), era salito al trono di Bisanzio Eraclio I, di fede cristiana, il quale si era trovato subito in lotta contro l’imperatore persiano Cosroe II, di fede politeista. Quest’ultimo, oltre a minacciare i confini dell’impero bizantino, aveva fatto saccheggiare il Santo Sepolcro di Gerusalemme e portare la Croce (Vera Croce) in Persia per provocare Eraclio. Non ultimo, aveva preteso dai suoi sudditi di farsi venerare come una divinità ed aveva sfidato apertamente Eraclio I proclamandosi più forte di lui e capace di radere al suolo tutta Costantinopoli (capitale dell’impero bizantino) senza incontrare resistenze. Da questi atti erano sorte diverse guerre sante che erano durate fino al 628, anno in cui Eraclio I aveva catturato e ucciso Cosroe e si era fatto riportare indietro la Croce dal nuovo imperatore di Persia, Kavad II. Tuttavia, nonostante la vittoria, l’impero di Bisanzio si era talmente indebolito che aveva perso le forze per rispondere a ogni nuovo attacco, mentre l’Impero persiano si trovava addirittura sull’orlo di cadere. La Siria e l’Africa nord-orientale (Egitto compreso) divennero dunque facilmente un dominio arabo.

“Eraclio e Sant’Elena portano la Vera Croce a Gerusalemme”, dipinto conservato nel Museo de Zaragoza.

Il terzo califfo fu poi Othman, che mise il Corano in forma scritta. Othman apparteneva alla dinastia degli Omayyadi, della tribù di Omayya, ricchi mercanti di La Mecca. Durante il suo califfato, vi furono ingenti tassazioni e una spietata lotta contro il politeismo. Gli arabi di religione politeista furono maggiormente tassati, mentre venne applicata tolleranza verso ebrei e cristiani. Tuttavia, Othman si fece anche diversi nemici a causa del forte nepotismo da lui esercitato verso i membri della sua dinastia. Fu ucciso durante una congiura, di cui approfittò Alì, all’inizio proposto come degno successore di Maometto, per farsi eleggere nuovo califfo.

Nonostante ciò, la sua elezione fu protestata dai sostenitori della famiglia di Othman, gli Omayyadi. Alì fu accusato di aver ordito la congiura nella quale Othman era stato ucciso, e fu così che la comunità islamica si era trovata divisa nuovamente in due fazioni: coloro che appoggiavano Alì e coloro che gli si schieravano contro.

Alì si dichiarò ben disposto a sottomettersi ad un arbitrariato per decidere della legittimità della sua elezione, ma i suoi stessi seguaci, assolutamente contrari a scendere a patti con la fazione avversa, finirono per rivoltarsi contro di lui e abbandonare la fazione, prendendo il nome di kharigiti. Intanto Alì fu giudicato colpevole e costretto alla fuga. Fu deciso dunque, per evitare nuove congiure, di istituire il califfato ereditario e di porre, a capo della comunità islamica, Muhawiya della famiglia degli Omayyadi, la stessa di Othman.

Fu in questo periodo di tempo che avvenne la distinzione fra i sunniti (sostenitori degli Omayyadi) e gli sciiti (sostenitori di Alì). Gli sciiti, il cui nome in arabo significa “membri del partito” – sottinteso “di Alì” – rifiutarono l’arbitrariato poiché riconoscevano al successore di Maometto infallibilità e pieni poteri, sia sul piano religioso che politico. Al contrario i sunniti (dall’arabo “sunna” e cioè “tradizione“), riconoscendo come unico capo spirituale Maometto, si dichiaravano pronti a sottomettersi solo alle parole del Corano dal punto di vista religioso, e al califfo solo dal punto di vista politico, non riconoscendogli alcuna infallibilità né possibilità di alterare in alcun modo gli insegnamenti tramandati dal profeta. 

Ancora oggi queste due fazioni si distinguono fra loro: i sunniti per credere nella netta separazione fra potere temporale e spirituale – e quindi tra capo religioso e politico –  e gli sciiti per credere nell’identità tra i due poteri e quindi a una piena uguaglianza tra religione e politica.

IL CALIFFATO EREDITARIO E GLI OMAYYADI

La famiglia degli Omayyadi regnò dal 661 al 750.

Durante questo periodo di tempo, il dominio arabo si espanse in tre diversi continenti. La Persia, il Maghreb, la Sardegna e la Spagna (in particolare l’Andalusia nel 711) furono conquistate e sottomesse. Le province conquistate, però, anziché sentire il peso della dominazione straniera, vissero un periodo di grandissimo splendore, dovuto alle scienze e alle innovazioni importate dagli Arabi, che erano un popolo molto più progredito rispetto alle popolazioni autoctone.

Nei territori sottomessi fiorirono i commerci, furono fatti costruire immensi palazzi e fatti importare moltissimi prodotti dall’Asia, come la camomilla e gli incensi. Fu inoltre migliorato il sistema di irrigazione, introdotta la metallurgia e l’alchemia (base della moderna chimica) e il sistema numerico posizionale attraverso i numeri arabi (invenzione di origine indiana). In cambio, non fu pretesa affatto la conversione all’Islam ma solo il pagamento di una tassa.

Gli Arabi che vivevano nelle terre occidentali presero il nome di Saraceni.

I possedimenti Arabi nel Medio Evo.

Non solo, ma anche nella stessa Arabia vi fu, in questo periodo, il fiorire della cultura e del benessere: la capitale venne spostata da Medina a Damasco (meglio difesa militarmente), venne coniata la prima moneta araba, istituito il servizio postale e l’arabo divenne la lingua ufficiale degli atti pubblici. Furono inoltre istituiti gli emiri, governatori delle varie province di dominazione araba, dotati di una forte preparazione militare.

Ma in quegli stessi anni avvenne anche uno scontro con l’impero bizantino, e soprattutto con la capitale Costantinopoli, che resistette a ben due assedi: la prima volta (674-678) grazie all’utilizzo del fuoco greco (una polvere che prendeva fuoco in presenza di acqua) e la seconda volta (717-718) grazie anche all’alleanza coi Bulgari.

A partire dal 720, gli eserciti arabi si spostarono, a partire dalla Spagna meridionale, sempre più a Nord, fino a invadere i Pirenei e la città di Narbona. Infine, continuarono ad avanzare verso l’Aquitania (oggi regione della Francia), dove re Oddone I, grazie all’aiuto dei soldati Franchi, riuscì a difendersi e a ricacciare indietro l’esercito avversario dopo la battaglia di Tolosa. Gli anni successivi, seguirono numerose vittorie da parte di Oddone e la sconfitta dell’emiro andaluso Ambiza.

Nel 732, tuttavia, gli Arabi si trovarono a scontrarsi direttamente anche coi Franchi, una popolazione germanica stanziata nell’odierna Francia e comandata da Carlo Martello, nonno del futuro re dei Franchi Carlo Magno in quanto padre di Pipino il Breve, a sua volta padre di Carlo. Carlo Martello, pur non essendo di fatto un re, godeva del titolo franco di Maggiordomo di palazzo, ossia di condottiero dotato di pieni poteri politici e capace di ricoprire anche il ruolo di sovrano in assenza di quest’ultimo.

La battaglia di Poitiers.

Lo scontro diretto con gli Arabi avvenne dopo che, nel 731, re Oddone I d’Aquitania venne sconfitto presso la Garonna dai Saraceni. Nonostante tra il regno dei Franchi e quello di Aquitania non corresse buon sangue (da tempo, infatti, i Franchi avevano delle mire sull’Aquitania), Oddone si vide costretto a chiedere aiuto a Carlo Martello per respingere l’esercito nemico. Fu così che Franchi e Arabi si scontrarono a Poitiers (oggi nella regione francese della Nuova Aquitania) dove Carlo Martello riportò una vittoria molto importante, sia dal punto di vista militare che morale (erano infatti trascorsi 100 anni esatti dalla morte di Maometto). Questa battaglia fu decisiva sia nella storia politica europea che in quella musulmana, in quanto segnò una volta per tutte l’arresto della prorompente espansione araba verso Nord.

Negli anni successivi vi furono altri tentativi di conquista della Francia da parte dell’esercito arabo, che tuttavia non andarono a buon fine.

GLI ABBASIDI

Nel 750 il califfato arabo passò in mano alla dinastia degli Abbàsidi, che spostarono la capitale da Damasco a Baghdad.

Il loro nome derivava dal capostipite Aboul Abbas, che sfruttò il malcontento creatosi all’interno delle comunità arabe di religione non islamica a causa del trattamento iniquo, dal punto di vista sia politico che fiscale, a cui queste ultime erano sottoposte sotto gli Omayyadi.

Gli Omayyadi furono perciò scacciati, e questa nuova dinastia di califfi prese il loro posto fino al 1258.

Nell’878, sotto gli Abbasidi, avvenne la conquista della Sicilia, favorita dalla frammentazione sociale della popolazione autoctona.

I possedimenti arabi sotto la dinastia degli Abbasidi. Immagine di pubblico dominio.

Durante il regno degli Abbasidi, avvenne anche la divisione tra potere temporale e spirituale: gli emiri, istituiti durante la dinastia degli Omayyadi come governatori, divennero veri e propri capi politici indipendenti, mentre i califfi rimasero solamente capi religiosi. Molte province ottennero dunque l’indipendenza costituendo degli emirati autonomi con a capo un emiro ciascuna.

Furono anche istituiti i Visir, ossia dei ministri che si preoccupavano di amministrare gli affari interni del Paese al fianco dei califfi.

I conflitti tra Arabi e Franchi, iniziati durante la dinastia degli Omayyadi, proseguirono anche in quegli anni: nel 778, Carlo Magno, re dei Franchi e nipote di Carlo Martello, ebbe modo di scontrarsi con gli Arabi in Spagna, dove era intervenuto in quanto difensore della fede cristiana, onde liberare i cristiani dal dominio musulmano e inglobarli all’interno della giurisdizione franca. In realtà, la Spagna si trovava a vivere il suo momento di maggior splendore proprio sotto la dominazione araba, e quindi la spedizione di Carlo, con grande stupore di quest’ultimo, non ottenne tutto il consenso sperato da parte della popolazione indigena.

Dopo una serie di vittorie, anche se non eclatanti, l’esercito franco dovette tornare in Francia, subendo però una clamorosa disfatta per mano di dissidenti baschi a Roncisvalle, sui Pirenei, dove caddero numerosi paladini franchi tra cui il leggendario Rolando.

(Le immagini e le informazioni qui contenute sono di pubblico dominio).

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