“LE ROMAN DE LA ROSE”

“Le Roman de la Rose” (Il romanzo della rosa) è un poema allegorico francese composto in versi (ottosillabi) dai poeti Guillaume de Lorris e Jean de Meung (nome completo: Jean Chopinel de Meung-sur-Loire) tra il 1235 e il 1285.

I due autori si occuparono della stesura delle due diverse parti in cui il romanzo è diviso, e a ognuna seppero dare un carattere diverso: lo stile di Guillaume de Lorris è infatti più cavalleresco e incentrato sull’amor cortese, mentre Jean de Meung preferisce fare una satira dei personaggi del suo tempo e della società medievale.

Poiché è lo stesso Jean de Meung a dare informazioni sul precedente autore all’interno dell’opera, è possibile che Guillaume de Lorris non sia mai veramente esistito e sia solo un’invenzione letteraria di Jean de Meung. Seppur con stili molto diversi, entrambi sono in grado di fornire al lettore un panorama dettagliato dei costumi e della società del XIII secolo, ben delineato all’interno della trama.

Sebbene sia conosciuto col nome di “romanzo” poiché scritto in lingua “romanza” (ossia neolatina), il testo è in realtà un poema che narra le avventure fantastiche di Amante, un giovane che si risveglia in un giardino meraviglioso nel mese di maggio, dove, attraverso lo specchio di Narciso, vede e si innamora di una Rosa. Tutta la vicenda narra dunque delle prove che il ragazzo dovrà superare per conquistare la sua amata, aiutato dalla dea Venere e ostacolato dalla personificazione dei suoi sentimenti.

Illustrazione raffigurante “La Ronde au dieu d’amour” (Il girotondo al dio d’amore), tratta dal Roman de la Rose (verso 1430). Miniatura del Maître du Roman de la Rose de Vienne, ÖNB, Cod.2568. Immagine di pubblico dominio tratta dal sito di Wikipedia in italiano, voce “Le roman de la rose”.

La storia vuole essere un’allegoria dell’amore tra uomo e donna, con la donna trasformata in una rosa ed il mese di maggio considerato la stagione propizia all’innamoramento.

Lo stile è volutamente poetico e raffinato, come in tutti i poemi che trattano dell’amor cortese.

Il termine “amor cortese” venne coniato per la prima volta nel 1883 dal critico francese Gaston Paris per descrivere i contenuti romantici della poesia trobadorica e troviera, e in particolar modo quelli espressi dal troviero Chrétien de Troyes nella sua famosissima opera “Lancillotto o il cavaliere della carretta” (Lancelot ou le Chevalier à la charrette) scritta alla fine del XII secolo.

I temi fondamentali dell’amor cortese, ripresi poi in Italia dal “dolce Stilnovo”, erano sempre:

  • l’innamoramento tra uomo e donna, entrambi dotati di nobili inclinazioni morali che li rendono propensi a tale sentimento;
  • il culto e la venerazione della donna, vista come un essere divino, angelico;
  • l’irraggiungibilità della donna, quasi sempre sposata o comunque nell’impossibilità di ricambiare i sentimenti del suo innamorato. L’amore tra i due innamorati è sempre impossibile e proibito, o dalla legge o dalla morale.
  • l’inferiorità dell’uomo rispetto alla donna e il porsi per questo al servizio della donna amata senza chiedere nulla in cambio;
  • l’amore sensuale tra gli innamorati, mai platonico e sempre destinato a consumarsi a un certo punto della trama;
  • la presenza di sentimenti contrastanti nell’uomo, eternamente combattuto tra ebbrezza e senso di colpa, soprattutto verso i dettami della fede cristiana.

“Le Roman de la Rose” ottenne un grandissimo successo sin dalla sua prima pubblicazione (circa 1280), e ispirò i poemetti “Il fiore” e “Detto d’Amore” del poeta fiorentino Dante Alighieri, pubblicati più o meno nello stesso periodo del poema francese.

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