LE MOTIVAZIONI DELL’INGHILTERRA SECONDO SHAKESPEARE

In questa pagina saranno spiegate le motivazioni addotte dall’Inghilterra per reclamare il trono di Francia nell’anno 1415 della Guerra dei Cent’Anni, e per fare questo sarà citato un pezzo della commedia “Enrico V” di William Shakespeare, dove queste motivazioni vengono precisate in dettaglio.

William Shakespeare, drammaturgo di fama mondiale, nel suo dramma storico “Enrico V” (Henry V) scritto tra il 1598 e il 1599, racconta i fatti della battaglia di Azincourt e di come questo sovrano inglese della casata dei Lancaster riuscì ad ottenere il diritto di successione al trono di Francia durante la Guerra dei Cent’Anni (1337- 1453).

Enrico V d’Inghilterra.

Si riporta qui un frammento dell’Atto I, Scena II, di questo immortale capolavoro letterario, in cui Shakespeare spiega, attraverso le parole dell’arcivescovo di Canterbury, le motivazioni per cui il giovane Enrico, già re d’Inghilterra, possa reclamare a pieno diritto il regno di Francia, come già avevano fatto i suoi predecessori.

Le ragioni che spinsero i re inglesi a reclamare la corona francese sono già state spiegate all’interno del blog nella pagina RIVENDICAZIONI INGLESI SULLA FRANCIA, appendice alla GUERRA DEI CENT’ANNI. In questa pagina viene esposta la versione di Shakespeare sui fatti storici, versione in cui si menzionano eventi accaduti all’epoca della prima famiglia reale francese, I MEROVINGI, e successivamente fino all’ascesa della famiglia reale dei Valois. Si consiglia di leggere anche le pagine su CARLO MARTELLO, CARLO MAGNO, LUDOVICO IL PIO e UGO CAPETO per capire quanto esposto qui di seguito (le pagine relative agli argomenti menzionati sono indicate anche all’interno del testo).

Il monologo dell’arcivescovo riportato di seguito è ambientato nella primavera del 1415, prima che Enrico V si imbarchi per la Francia deciso a conquistarla.

La traduzione dall’inglese è quella proposta nel sito internet https://www.shakespeareitalia.com, pagina “Enrico V”.

CANTERBURY:

Allora ascoltatemi, grazioso mio sovrano, e voi Pari

che fedeltà dovete, e la vita, con i vostri servigi,

a questo trono imperiale. Non vi è impedimento

alle pretese di Vostra Altezza sul trono di Francia

se non questa citazione, attribuita a Faramondo:

In terram Salicam mulieres ne succedant –

“Nessuna donna potrà succedere in terra salica”.

La qual terra salica, sostengono a torto i Francesi,

altro non è che il regno di Francia, e Faramondo è per loro

il creatore di questa legge che escluderebbe le donne.

Eppure i loro stessi autori affermano esplicitamente

che la terra salica si trova in Germania,

tra il corso del fiume Sala e quello dell’Elba:

ove Carlo Magno, avendo sottomesso i Sassoni,

si lasciò dietro ed insediò colonie di Franchi,

i quali, avendo in dispregio le donne di Germania

per certi loro costumi alquanto immorali,

stabilirono allora questa legge: vale a dire, che nessuna femmina

potrà mai ereditare in terra salica.

E la terra salica, che come ho detto era tra l’Elba e il Sala,

nella Germania odierna si chiama Meissen.

E dunque risulta chiaro che la legge salica

non per il regno di Francia fu escogitata;

né i Franchi presero possesso della terra salica

prima di quattrocento e ventuno anni

dal decesso di Re Faramondo,

a torto ritenuto l’ideatore di questa legge.

Questi morì nell’anno di nostra redenzione

quattrocentoventisei; e Carlo Magno

sottomise i Sassoni ed insediò i Franchi,

di là dal fiume Sala, nell’anno

ottocentocinque. Dicono inoltre i loro studiosi

che Re Pipino, il quale aveva deposto Childerico,

ritenendosi erede universale in quanto discendente

da Blithilde, la figlia di Re Clotario,

poté a buon diritto reclamare la corona di Francia.

Anche Ugo Capeto, il quale usurpò la corona

di Carlo, Duca di Lorena, unico erede maschio

della legittima discendenza diretta di Carlo Magno,

per conferire al suo titolo un simulacro di legittimità

anche se, a dir la pura verità, era nullo e viziato,

si fece passare per erede di Madonna Lingarda,

figlia di Carlomanno, a sua volta figlio

di Ludovico imperatore, il Ludovico figlio

di Carlo Magno. Anche Re Luigi Decimo,

l’unico erede dell’usurpatore Capeto,

non riuscì a starsene con la coscienza tranquilla

e la corona di Francia, finché non si fu assicurato

che la leggiadra Regina Isabella, sua nonna,

discendeva da Madonna Ermengarda,

figlia di Carlo, il già menzionato Duca di Lorena:

fu tramite quell’unione che la stirpe di Carlo Magno

poté reinsediarsi sul trono di Francia.

Pertanto è chiaro come il sole estivo

che il titolo di Re Pipino, e le pretese di Ugo Capeto,

e le certezze di Re Luigi, tutti sembrano fondarsi

sul buon diritto e il titolo di una donna.

Lo stesso è valso, sino ad oggi, per i re di Francia,

anche se poi si appellano a questa legge salica

per impedire a Vostra Altezza di avanzare pretese per via femminile,

e scelgono piuttosto di nascondersi in una rete

che invalidare in tutto e per tutto i discutibili titoli

a voi usurpati, e ai vostri progenitori.

ENRICO:

Posso in coscienza e a buon diritto reclamar la corona?

CANTERBURY:

Se c’è peccato, ricada sulla mia testa, o temuto sovrano!

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