CAPITOLARE DI QUIERZY

Storia del documento medievale chiamato “Capitolare di Quierzy”, il quale pose le basi per l’ereditarietà del feudo.

(Scritto da Elisa Quaglia)

L’imperatore Carlo il Calvo, figlio di Ludovico il Pio e pertanto nipote di Carlo Magno, emanò il 14 giugno 877 (poco prima della sua morte) un importante editto passato alla storia col nome della città in cui fu redatto: il capitolare di Quierzy (o Kierszy).

Col termine “capitolare” si intendevano tutti gli editti emanati dai Franchi a partire da Carlo Magno, poiché erano divisi in parti chiamate appunto “capitoli”. Quierzy- sur-Oise fu la città della Piccardia nella quale l’editto venne promulgato.

Questo editto precedette quello successivo del 1037 emanato dall’imperatore Corrado II detto “il Salico” del Sacro Romano Impero Germanico (derivato dal Sacro Romano Impero di Carlo Magno) con il quale il feudo divenne ereditario.

feudi erano appezzamenti di terreno che inizialmente venivano concessi ai nobili dal sovrano per tornare nelle mani di quest’ultimo alla loro morte. Perciò, in un primo momento, col nome di “feudo“, si intendeva una proprietà terriera abbastanza cospicua che veniva concessa dal sovrano franco a un nobile a lui fedele. Il nobile a cui veniva affidata questa proprietà prendeva il nome di “feudatario” oppure “vassallo” del sovrano.

Il vassallo poteva disporre del feudo come riteneva più opportuno: al suo interno poteva ospitare contadini per lavorarvi i campi, artigiani, servitori, ecc. e perfino di un esercito con dei cavalli e dei fabbri. Era quindi del tutto autosufficiente e poteva disporre a vita di una fonte di sostentamento molto vantaggiosa.

All’interno del feudo, il vassallo (“signore del feudo“) poteva disporre anche della vita e della morte dei suoi servitori. A lui spettava il compito di amministrare la giustizia al suo interno, di imporre tasse e di coniare una propria moneta. Perciò, ben presto si iniziò a utilizzare il termine di “feudo” per intendere non solo la proprietà terriera in sé, ma anche tutti i privilegi di cui il signore godeva al suo interno (diritto di banno). Nacque così la SIGNORIA FONDIARIA, cioè l’insieme dei diritti e l’autorità indiscussa di cui il vassallo godeva all’interno della sua proprietà.

In virtù di ciò, il vassallo poteva pretendere dai suoi contadini anche prestazioni lavorative straordinarie gratuite, chiamate “corvées”. Tutto ciò in cambio di protezione e sussistenza verso i contadini e le loro famiglie, incapaci altrimenti di provvedere da soli alla propria sopravvivenza.

All’interno del feudo, che aveva dimensioni molto vaste, vennero costruite ville (e più tardi castelli) nel quale il signore risiedeva e dai quali amministrava il territorio compreso all’interno del feudo. L’appezzamento di terreno in sé prese il nome di “curtis” (che in latino significa “corte“) e il tipo di economia che vigeva al suo interno era l’ “economia curtense”.

La curtis era divisa in una pars dominica (fatta di ville e castelli, destinata al signore e alla sua famiglia) e in una pars massaricia (destinata alle case dei servitori e dei contadini).

I vassalli presero poi nomi diversi a seconda del tipo di appezzamento di terreno che venivano loro concesso:

  • CONTI: ereditavano feudi posti in zone centrali dell’impero (contee)
  • MARCHESI: ereditavano feudi posti in zone costiere (marche)
  • DUCHI: questo titolo venne mantenuto per i signori dei “ducati“, aree già presenti nelle terre germaniche

In cambio di tale vantaggiosa concessione, il sovrano che aveva donato il feudo richiedeva al vassallo un giuramento di fedeltà, ovvero l’impegno a schierarsi dalla sua parte in tempo di guerra e di utilizzare l’esercito e i cavalli mantenuti all’interno del feudo per difendere la persona stessa del sovrano.

Alla morte del feudatario, il feudo tornava al sovrano perché potesse distribuirlo a un altro nobile che divenisse suo vassallo. Questo sistema prendeva nome di VASSALLAGGIO, che dette poi origine al SISTEMA FEUDALE quando il feudo divenne ereditario.

In seguito, non fu solamente il sovrano a donare i feudi, ma si creò una divisione della nobiltà: i vassalli potevano donare parte del feudo a nobili di rango inferiore detti valvassori, e i valvassori ai valvassini. I valvassori erano quindi vassalli dei vassalli, e i valvassini erano vassalli dei valvassori. Tra questi si creava lo stesso tipo di alleanza che vi era tra vassallo e sovrano.

Il vassallaggio nacque all’interno del popolo franco a partire da Carlo Martello, padre di Pipino il Breve, a sua volta padre di Carlo Magno.

Ma l’aristocrazia franca divenne sempre più potente, e alla fine i vari sovrani dovettero concedere sempre più diritti e libertà ai loro vassalli. Il primo documento che definì una volta per tutte l’ereditarietà di tutti i feudi fu emanato dal re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero Corrado II: la “Constitutio de Beneficiis Feudi” del 1037. Con questo editto, emanato per il regno d’Italia (allora sotto l’amministrazione tedesca) fu stabilita l’ereditarietà della proprietà feudale anche per i feudatari minori, infatti veniva sancito che, in caso di morte del feudatario, ciascun feudo non tornasse più nelle mani del re che lo aveva concesso, ma venisse ereditato dal figlio del vassallo (maggiorenne o minorenne che fosse). In caso di minore età, il giovane signore veniva affiancato da un “ministeriale” o da un religioso (generalmente un vescovo) fino al raggiungimento della maggiore età.

Il capitolare di Quierzy fu “l’antenato” di questo editto e stabiliva che, in caso di morte del signore lontano dal feudo (e questo accadeva soprattutto in tempo di guerra), questo non tornasse direttamente al sovrano ma venisse temporaneamente ereditato dal figlio del feudatario stesso. Questi sarebbe stato poi investito permanentemente di ogni autorità sul feudo dal sovrano, una volta terminata la guerra. Oppure, una volta terminato il conflitto o comunque quando il re avesse deciso altrimenti, il feudo sarebbe stato concesso a un altro nobile. Pertanto, il capitolare non stabiliva esattamente l’ereditarietà del feudo ma solo un temporaneo “passaggio di proprietà” dal feudatario al figlio o al parente più prossimo, e valeva comunque solo per i feudi maggiori.

Carlo il Calvo, allora imperatore del Sacro Romano Impero, si trovò costretto a emanare il capitolare di Quierzy spinto dalle insistenze dell’aristocrazia franca, che diveniva sempre più potente. Tuttavia, il rapporto di fedeltà tra il sovrano e il vassallo non cadde mai, neanche dopo l’emanazione della Constitutio de Beneficiis Feudi o di altri documenti che poi sorsero al di fuori della Germania e che resero il feudo ereditario.

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