LA VERA STORIA DI PETRUS E CATHERINE

“La Bella e la Bestia” (La Belle et la Bête) è una famosa fiaba scritta da Jeanne Marie LePrince de Beaumont nel 1756, che ha per protagonisti una bellissima fanciulla di nome Belle e una creatura mostruosa (principe vittima di un sortilegio) che si innamorano. L’amore di Belle per la Bestia sarà ciò che alla fine spezzerà l’incantesimo del quale quest’ultima era vittima (come nella favola dei Fratelli GrimmIl principe ranocchio) e gli ridarà fattezze umane al posto del suo orribile aspetto animalesco.

“La Bella e la Bestia”, illustrazione di Eleanor Vere Boyle del 1875.

Esistono alcune ipotesi sul vero significato di questa immortale fiaba amata da grandi e piccini. Una di queste, vuole la Bella come la rappresentazione del principio femminile e la Bestia come il principio maschile, “domato” dalla Bella che gli insegna ad amare e a mostrare al mondo la bellezza che ha dentro, così da spezzare l’incantesimo. Si tratterebbe quindi della metafora della donna che, con la sua grazia, dolcezza e bellezza riesce a ispirare tenerezza nell’uomo che altrimenti vivrebbe abbrutito come un animale.

Illustrazione de “La Bella e la Bestia” di Walter Crane (1874).

La prima autrice della storia fu Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve nel 1740, anche se la Beaumont fu colei che si occupò di rielaborare la trama così come la conosciamo oggi.

Un’altra ipotesi è che il racconto non sia di pura fantasia, ma che la Villeneuve si sia ispirata a un fatto realmente accaduto in Francia all’epoca in cui erano sul trono Enrico II e Caterina de’ Medici, circa due secoli prima a quando la fiaba venne pubblicata la prima volta. Si tratta della storia vera di Petrus Gonsalvus e della bella Catherine.

Ritratto di Petrus Gonsalvus ritrovato nel castello di Ambras, a Innsbruck.

Petrus Gonsalvus si chiamava in realtà Pedro Gonzales ed era nato nel 1537 a Tenerife (isole Canarie), terra sotto il dominio del Regno di Castiglia. Poteva vantare una nobile discendenza, nientemeno che da un re “Guanci”, antico popolo indigeno delle Canarie. Tuttavia, i suoi genitori lo abbandonarono alla nascita poiché era affetto da una malattia genetica che lo rendeva coperto di peli su tutto il corpo. La sua grave ipertricosi, anche sulla faccia, lo faceva assomigliare a una sorta di “uomo lupo”, e la superstizione presente tra la popolazione locale fece sì che venisse scacciato dalla sua stessa gente. E’ passato alla storia con gli appellativi poco edificanti di “uomo dei boschi” (personaggio del folclore popolare tosco-emiliano, da cui deriva lo yeti americano), “selvaggio gentiluomo di Tenerife” e “uomo lupo delle Canarie”.

Caterina de’ Medici.

Fu allevato in un istituto religioso spagnolo finché venne rapito, all’età di 10 anni, dai corsari francesi, che ne fecero dono al re Enrico II, marito di Caterina de’ Medici. Lo scopo era trasformarlo nell’intrattenimento del sovrano, come si faceva all’epoca con i giullari o con i nani, molto in voga nelle corti europee soprattutto in epoca rinascimentale. Ma il suo destino fu diverso da quanto preposto: presso la corte, Pedro Gonzales venne ribattezzato “Pedrus Gonsalvus” e godette di un posto molto autorevole grazie alla sua straordinaria intelligenza e capacità di imparare. Gli venne concesso anche il titolo di “don” in quanto discendente da una stirpe reale, e mantenne sempre dei modi impeccabili da vero gentiluomo.

La regina Caterina de’ Medici, donna molto superstiziosa, si incuriosì di sapere se avesse potuto generare altri individui con la sua stessa patologia, perciò organizzò un matrimonio tra lui e una certa Catherine, nota come una sua dama di corte o come la figlia di una domestica. Per convincere Catherine a sposare quello che veniva considerato da tutti un “uomo bestia”, le venne tenuto nascosto l’aspetto del futuro sposo fino al giorno delle nozze.

Illustrazione ad acquerello raffigurante Petrus Gonsalvus e la moglie Catherine, comparsa nel saggio “ Animalia Rationalia et Insecta (Ignis)- Plate I” di Joris Hoefnagel del 1575.

Nonostante lo sgomento iniziale, Catherine fu sempre molto legata a Petrus, che era di indole buona e gentile. La coppia ebbe sei figli, quattro dei quali con la stessa ipertricosi del padre. La più famosa di loro fu Antoinette detta “Tognina”.

I figli di Gonsalvus furono anch’essi accolti a corte e stipendiati da Caterina de’ Medici (rimasta vedova) fino alla sua morte nel 1589. Persa la protezione della regina, la famiglia Gonzalvus visse in varie parti d’Europa, fino a trovare rifugio nel castello di Ambras di Innsbruck, in Austria. Qui sono conservati molti dipinti del famoso Petrus Gonsalvus, dalla cui storia prende nome la rara malattia genetica da cui era affetto: sindrome di Ambras, proprio perché in questo palazzo furono trovati i suoi ritratti e quelli della sua famiglia.

La famiglia Gonsalvus morì a Capodimonte, in provincia di Viterbo.

Tognina Gonsalvus.

Si pensa che sia da questa vicenda storica che attinge la favola de “La Bella e la Bestia”: la storia di una fanciulla bellissima ma di umili origini, innamorata di un principe trasformato in una creatura coperta di peli, che tuttavia si rivela essere dolce e cortese.

Catherine è anche il nome della Bella nella fortunata serie TV americana del 1987 “La Bella e la Bestia” (Beauty and the Beast), interpretata da Linda Hamilton e Ron Perlman.

Katherina e Petruchio sono anche i protagonisti della commedia di William Shakespeare “La bisbetica domata” (The Tamig of the Shrew)  scritta nel 1590 (guarda caso, un anno dopo la morte di Caterina de’ Medici), in cui stavolta è l’uomo a sottomettere la donna dai modi selvaggi, facendone una moglie devota e raffinata. E’ dubbio se anche Shakespeare non si sia basato sulla storia di Petrus e Catherine per scrivere il suo immortale capolavoro, ricordando che il tema della bella e della bestia ricorre anche nel “Sogno di una notte di mezza estate” del 1595.

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